C'è poco da fare: essendo nata e cresciuta a Padova (nonostante una certa tendenza a rinnegare le mie origini venete e spacciarmi per milanese doc), Venezia per me è quasi una seconda casa.
Ci sarò stata talmente tante volte da non poterle assolutamente ricordare tutte. Eppure, ogni volta, questa città continua a lasciarmi senza fiato. E lasciamo stare l'onda di turisti che ogni giorno invade le calli e tra cui ti devi destreggiare combattendo contro ripetuti attacchi di agorafobia, lasciamo stare anche il sali e scendi obbligato da decine di ponti che a fine giornata hai sudato come dopo una lezione di cross-fit e ti sono venuti i polpacci di Totti; perché poi ad un tratto ti perdi (sì, ti perdi sempre, c'è poco da fare, grazie a dio esiste Google Maps) e scopri nuovi angoli, nuovi scorci, nuovi locali che te la fanno amare. Con il sole estivo, ma anche con il grigiore autunnale (ecco, la pioggia e l'acqua alta anche no, però, grazie) , di giorno ma soprattutto di notte, quando la fiumana di turisti crolla a letto vestita e tu ti puoi aggirare in un città quasi deserta.
Tutto questo per dire che sono tante le occasioni, tanti i momenti della giornata in cui mi sono trovata seduta nel locale di cui volevo parlare già da un po': il ristorante della Pensione Wildner.